Nelle ultime settimane, potrebbe esserti capitato di incappare in titoli che preannunciavano trasformazioni in arrivo riguardo alla cedolare secca negli affitti brevi: cosa cambierà, converrà o non converrà più, e via discorrendo. L’argomento, forse di non immediata comprensione per chi non lavora nel settore, è tanto vasto quanto degno di approfondimento. In quest’articolo cercherò di ridurlo all’essenziale per chiarificare cosa accadrà a partire dal 1° gennaio 2024, ammesso che riceva l’approvazione definitiva in Parlamento senza subire modifiche sostanziali rispetto alla proposta attuale.
Cedolare secca: che cos’è e come funziona
Cominciamo dai fondamentali e diamo una definizione di cedolare secca. Si tratta di un regime fiscale facoltativo che può essere scelto dal locatore in sostituzione dell’Irpef in sede di prima registrazione del contratto, o successivamente, compilando il modello RLI da inviare all’Agenzia delle Entrate secondo precise tempistiche. Ad oggi, sono due le aliquote previste da quest’imposta sostitutiva che può essere scelta dai proprietari fisici di immobili locati a uso abitativo:
- Al 10% per i contratti d’affitto a canone concordato, che includono abitazioni nei comuni con carenze di disponibilità abitative, ad alta tensione abitativa individuati dal Cipe, ma anche affitti a studenti fuori sede e contratti transitori (1-18 mesi nei sopraccitati comuni);
- Al 21% per gli altri contratti d’affitto a canone libero d’immobili locati a fini abitativi, o a particolari categorie d’immobili a uso commerciale, uffici e negozi.
Tra i vantaggi della cedolare secca, vi è la possibilità di pagare un’imposta più bassa se si possiedono anche altri redditi rispetto agli scaglioni Irpef (23%-43%). Interessante evidenziare anche che tale cedolare comprende l’addizionale comunale e regionale e non richiede né imposta di registro né imposta di bollo. Se dunque possiedi altri redditi oltre all’affitto, superi la cosiddetta no tax area, non godi di particolari detrazioni e non rappresenta un problema per te la rinuncia alla facoltà di aggiornare il canone di locazione del tuo contratto, ad un primo sguardo è piuttosto probabile che ti convenga abbracciare questo tipo di soluzione.
Con la speranza che fin qui sia tutto chiaro, cerchiamo ora di capire in che modo la legge di bilancio 2024, nella quale si paventa un aumento dell’imposta per le locazioni brevi dal 21% al 26%, potrebbe cambiare le carte in tavola.
Affitti brevi: cosa accadrà a partire dal 2024
Con il duplice obiettivo di recuperare risorse economiche e di favorire gli affitti più durevoli contrastando il proliferare delle locazioni brevi, il Governo ha avanzato la proposta di far salire al 26% l’aliquota illustrata nel paragrafo precedente quando il contribuente metterà in affitto da 2 a 4 case (compresa la prima). Nel caso in cui mettesse in affitto una sola abitazione, invece, la cedolare secca si manterrà al 21%.
Veniamo dunque all’annosa questione: quanto converrà l’imposta sostitutiva rispetto all’Irpef, stando così le cose?
Compiendo nuovamente un lavoro di semplificazione, potremmo affermare che la situazione non varierà troppo rispetto a quanto abbiamo già analizzato: con la cedolare al 26%, bisognerà sommare il 95% dei canoni percepiti imponibili al netto delle detrazioni fiscali. Tuttavia, l’Irpef converrà in stretta misura solo nei luoghi in cui le addizionali regionali e comunali saranno basse e questa imposta sarà al di sotto dei 28.000€ del primo scaglione.