La ragione che l’uomo tenta di instaurare nel territorio, mediante la sua opera di antropizzazione, combatte da sempre contro l’instabilità della natura. In questa dialettica, l’architettura del verde sembrerebbe aver formalizzato un ossimoro retorico se il giardino all’italiana del Cinquecento non avesse trovato nella geometria le regole del caos.
Oggi che la lingua progettuale ha reso obsoleta l’antica accezione di ordine, il giardino acquista una nuova identità. Il luogo architettonico più antico dedicato alla natura ha attraversato poetiche secolari per giungere a noi nella sua forma più vitale
Capace di suscitare sensazioni e di dialogare con l’architettura cui fanno da corredo, il giardino contemporaneo abbandonano schemi razionali a favore di un approccio più diretto ed emozionale.
Spezzata ogni catena geografica, dismessa ogni forma di localismo formale e linguistico, la poetica del verde è più incline a intrattenersi con la sensibilità del suo progettista che con un preciso schema tipologico.


In un afflato botanico, le esigenze dei committenti convivono con le sperimentazioni stilistiche di architetti artisti carichi di programmi iconografici da mettere in dialogo con l’imprescindibile processo evolutivo della natura.
Il passaggio dal giardino informale all’“incolto addomesticato”, dove il verde prospera senza forzature apparenti, sembra inevitabile e spalanca il campo a contaminazioni tra naturale e artificiale che liquidano l’arte dei giardini a favore del giardino come fatto artistico.