Cosa accomuna mete così diverse come Venezia, il lago di Braies e Uluru? Da una prospettiva ottimista, la grande bellezza e unicità di ogni loro scorcio; da un punto di vista più disincantato e attento alle problematiche del mondo di oggi, invece, l’assalto di visitatori meglio noto come overtourism da cui sono sempre più interessate (e impattate). Dal desiderio di porre l’accento su questo fenomeno nasce a Berlino Soft cruelties, esposizione ideata da Lena Marie Emrich, inaugurata il 16 settembre e aperta al pubblico fino al prossimo 11 novembre. Vediamo in che modo l’artista tedesca ha scelto di andare a colpire la sensibilità del visitatore.
Fresato, inciso e levigato: il Solid Surface come veicolo di un messaggio
Partendo da un materiale normalmente usato in architettura, il Solid Surface di HIMACS, la protagonista di Soft Cruelties ha compiuto un sottile lavoro di costruzione tra realtà, finzione e speculazione. Detto altrimenti, la Emrich ha estrapolato una serie di oggetti e materiali di uso quotidiano dal proprio contesto di appartenenza trasformandoli in arte; arte che, in questo caso, si è tradotta in una serie di opere frutto di manipolazioni oppure sovraestetizzate, fruibile in un’atmosfera volutamente sobria ed elegante favorita dalle scelte cromatiche dei materiali, dall’Aurora Cotton della collezione Marmo al Beach Sand della collezione Exteria.
Le “Soft cruelties” dell’overtourism
Nelle superfici perfette, lisce e non porose dei rilievi scolpiti nella pietra o delle opere nate dalla decontestualizzazione di arredi come in Menage a trois, la versatilità della pietra acrilica di ultima generazione si piega all’arte concettuale creando il terreno per indagare uno dei fenomeni turistici più discussi negli ultimi anni. E ci riesce anche. Risultato: un mondo pietrificato nel quale ogni carattere effimero scompare e il contrasto tra realtà e finzione emerge in tutta la sua potenza assieme al conflitto tra la ricerca del piacere individuale e i principi morali di ognuno in diverse forme.