«L’onomatopea non vede l’architettura come il soggetto delle operazioni di attori di un rango superiore (gli architetti), ma pone architettura ed esseri umani sullo stesso piano. Gli architetti non sono a capo dell’architettura, ma camminano attorno ad essa insieme ai fruitori. L’onomatopea è simile alla voce di un animale emessa a livello fisico ed esperienziale».
Partendo dall’onomatopea, che è l’atto di creare o usare parole che includono suoni simili ai rumori ai quali si riferiscono, Kengo Kuma dà forma ad una sensazione fisica che esprime la suaidea di architettura sostenibile, dove i materiali sono di recupero e le persone e le cose si ricongiungono.
Riscoprendo le tradizioni giapponesi e i suoi materiali più utilizzati – legno, carta e metallo – l’architetto decide di reimpiegarli in modo più contemporaneo. Nella sua visione, le superfici non coinvolgono solamente la vista, ma anche i sensi di olfatto e tatto. Attraverso l’esposizione di alcune maquette dei suoi edifici più celebri, i visitatori sono incoraggiati a scoprire i suoni dei diversi materiali.
«Ogni volta che vado a Venezia e mi sento vicino all’acqua come “materiale”, penso al dialogo tra l’umano e il materiale. In questa mostra a Palazzo Franchetti vorrei mostrare come io creo il dialogo con i materiali. In questo dialogo non faccio quasi mai uso di un linguaggio influenzato dalla logica. E quando lo uso, è impossibile farmi capire. Ecco perchè uso sempre l’Onomatopea. La materia e il corpo parlano tra loro e risuonano quando usano questo linguaggio primitivo».
Onomatopoeia Architecture
a cura di Chizuko Kawarada e Roberta Perazzini Calarota
ACP – Palazzo Franchetti, Venezia
14 maggio – 26 novembre 2023